Umberto Sommaruga è un fotografo esperto che ha avuto importanti riconoscimenti, nazionali ed internazionali, sia nel campo della fotografia in stampa che degli AudioVisivi. Il suo interesse si è sempre sviluppato nella fotografia di viaggio e nel fotoreportage.
“Cuba Libre?” è il suo ultimo audiovisivo presentato con successo al 17° Circuito Nazionale, dove ha ottenuto un brillante 3° posto assoluto. La forza del lavoro è perfettamente conseguente all’idea che lo ha generato ed il racconto è svolto con una semplice ma efficace regia attraverso una potente fotografia in bianconero, originale e dinamica, di grande impatto emotivo, che coinvolge l’osservatore fin dalla prima visione.
Una rappresentazione di Cuba molto personale e sentita che conduce lo spettatore ad immedesimarsi con l’angoscia dell’autore che scopre, in una notte insonne, che la sua amata Cuba non è più quella che aveva lasciato qualche anno prima. La forza della rappresentazione per immagini è sostenuta da una colonna sonora che è integrata strettamente con la sequenza delle foto con una grande dinamica comunicativa.
Ti ringrazio per la gentile disponibilità e inizio con una domanda di carattere generale prima di entrare nello specifico del tuo lavoro. Considerato che sei un fotografo esperto che viene da lontano, come ti sei formato alla pratica del reportage sociale, praticato da te con efficacia, originalità e cifra stilistica?
La mia formazione al reportage sociale ha un’origine ben precisa, sia nel tempo che negli accadimenti. Risale al 2008, quando per la seconda volta mi recai a Cuba. In quell’occasione, non contento delle mie fotografie un po’ troppo “turistiche”, decisi di partecipare a un workshop del fotografo romano Dario De Dominicis, eccelso fotografo dal taglio puramente socio-reportagistico e docente in diversi istituti di fotografia della Capitale. Allora abitavo a Milano, avevo superato da un pezzo la mezza età e mi ritrovai in un gruppo di agguerriti e giovanissimi romani, allievi del corso annuale o della master class di reportage. Tutti decisamente più avanti di me e avvezzi allo scatto di taglio reportagistico. Tentare faticosamente di adeguarmi ai loro ritmi e ai loro canoni di scatto e appassionarmi al tipo di fotografia proposto da Dario fu un tutt’uno. Poi ho proseguito un po’ con le mie gambe, con pochi ulteriori workshop e a volte scattando ancora con Dario De Dominicis, del quale nel tempo sono divenuto grande amico, soprattutto da quando mi sono trasferito a Roma.
Quale è l’idea che ti ha ispirato per la realizzazione del tuo ultimo AV.
Ho scattato fotografie a Cuba dal 2007 al 2016 in numerosi viaggi finalizzati esclusivamente alla fotografia, documentando soprattutto i riti della Santeria, la boxe e le feste popolari, argomenti di precedenti audiovisivi dedicati all’isola caraibica. Dopo una pausa di alcuni anni, sono ritornato sull'isola preparato a trovarla cambiata. Nuovi venti di libertà venivano annunciati con l'accesso a internet, ai social e qualche timida apertura alla iniziativa privata. Mi sono trovato perso in un Paese che riconoscevo a mala pena, che non aveva risolto i problemi di povertà antecedenti e che mostrava nuove ed evidenti sperequazioni sociali. Con la complicità del jet lag, non riuscendo a prendere sonno, ho trascorso la notte girovagando nel centro della città vecchia, tra senzatetto, ubriachi e un numero impressionante di giovanissime prostitute. Quando sono rientrato in Italia li mio stato d'animo era più sereno e la quindicina di giorni passati sull'isola mi avevano restituito una visione meno drammatica del Paese. Ma, non appena ho rivisto le fotografie di quel primo giorno e prima notte mi sono ritrovato e riviverne le sensazioni e le atmosfere da incubo.
La tua fotografia è di grande qualità espressiva e la tua partecipazione emotiva è evidente. Come scegli i soggetti da inserire nel tuo racconto, prepari prima una sorta di storytelling o ti lasci emozionare al momento dello scatto in base a quello che trovi in un contesto che evidentemente già conosci?
Dipende dall’occasione e dal contesto. Questo specifico AV è decisamente frutto dell’improvvisazione, anzi addirittura di una sorta di visione onirica che ha stupito anche me per come mi ha condotto nella realizzazione. Comunque in generale il mio modo di procedere, salvo la dovuta preparazione prima di giungere in loco, è del tutto emozionale e sento la necessità di adeguarmi a ciò che incontro. Lo stesso vale per la singola fotografia al momento dello scatto: non mi capita mai di cercare di modificare la realtà, per esempio chiedendo a un soggetto di spostarsi in una luce migliore. Sono io che devo riuscire a cogliere il momento giusto, o scegliere di rinunciare allo scatto.
Le foto di “Cuba Libre?” sono molto diverse da quelle che hai prodotto per altri reportage. Toni bassi esasperati anche nelle foto diurne con l’aggiunta di vignettature. Foto scattate in periodi diversi e quindi penso uniformate in postproduzione. Ci vuoi rivelare qualche dettaglio tecnico su questo processo?
La tua lettura è perfetta. Le fotografie sono state uniformate in postproduzione, ma in maniera molto grezza e frettolosa, anche in questo caso spontanea e immediata nella necessità di rincorrere quella sorta di raptus che in una sola notte insonne mi ha portato a realizzare il 90% di questo AV. Quindi a quasi tutte le immagini ho applicato una vignettatura, a volte molto decisa, e ho esasperato i neri. In qualche caso si può notare anche una sommaria distorsione atta ad accentuare il senso di disagio nello spettatore.
Il montaggio è lineare e suddiviso in due parti, distinte da due diversi brani musicali. La seconda parte sembra meno drammatica della prima con la presenza anche di qualche bimbo, all’apparenza sereno. È corretta la mia osservazione? Se non è così puoi aggiungere qualche spiegazione?
In questo caso concordo con la tua analisi solo parzialmente. Sicuramente la prima parte è più drammatica. Musica e cesure in nero lo sottolineano, poi il respiro sonoro si fa più ampio e consente una breve pausa centrale. Le pochissime fotografie di bimbi sono in realtà senza il sorriso che dovrebbe distinguerli e li ritrae chiusi da una ringhiera o un muro che sembra separali dall’esterno. Nell’ultima parte il mondo ritorna cupo con gli scatti delle prostitute nella notte, scene di povertà evidente e buio sempre più accentuato, infine senza presenza umana. Da quel buio emerge l’ultimo fotogramma dei bambini che ci lasciano, sereni ma con uno sguardo enigmatico, che, almeno nelle mie intenzioni, dovrebbe suggerire un futuro positivo anche se incerto. Onestamente si tratta però di una mia lettura a posteriori di un processo che, torno a ripetere, è stato assolutamente automatico e spontaneo.
Ho visto per la prima volta questo AV al Circolo Fotografico Milanese dove Lorenzo De Francesco lo ha portato come esempio di un ottimo lavoro nel quale l’autore descrive con empatia una Cuba trovata molto cambiata dopo la sua ultima visita. La maggioranza dei presenti ha trovato la tua rappresentazione lontana dalla realtà cubana che conoscevano. Tu stesso nella sinossi al lavoro scrivi che al rientro in Italia le stesse foto ti avevano restituito un ricordo meno drammatico. Ci puoi commentare questo aspetto?
È un discorso che ho già affrontato nelle pochissime occasioni in cui ho proiettato “Cuba Libre?” Si tratta di uno spaccato sicuramente non realistico, ma onirico. Una sorta di incubo che io ho vissuto interiormente e ho cercato di trasmettere allo spettatore. Riflette, come sempre accade, anche un mio stato d’animo di quel momento, segnato da accadimenti personali e dalla oggettiva difficoltà di scattare per i postumi di un’operazione alla spalla destra. Detto ciò, Cuba è comunque ben lontana dallo stereotipo turistico di colore e allegria. I cubani sono realmente e spontaneamente ospitali, gioiosi, rumorosi e colorati, ma è difficile disgiungere questi aspetti da altri, a dir poco di disagio sociale e povertà.
Alcune informazioni sull’audiovisivo:
- L’AV è visibile su YouTube
- Idea, soggetto, testi, fotografia, montaggio e regia di Umberto Carlo Sommaruga.
- Colonna sonora: “Alien”- The London Starlight Orchestra, “Facades” - Album Glassworks – Philip Glass.
- Anno realizzazione: 2018.
- Durata: 6’ 20”
- Risultati conseguiti: Terzo assoluto al 17° Circuito Nazionale AV (2023), Medaglia d’oro al Concorso Nazionale di Garda (2023) e Medaglia d’oro al Concorso Città di San Giovanni Persiceto (2023).