La fotografia non è un clic ma un linguaggio in entrata e in uscita, in dare e in avere (S. Magni).
Oltre al ruolo determinante che riconosciamo a Sergio Magni per le sue lezioni, attraverso cui ha dato un solido contributo alla crescita culturale dei fotoamatori italiani, non dobbiamo dimenticare le sue fotografie che ci rivelano un fotografo molto efficace.
Magni ha lavorato per temi, la sua Fotografia, coerentemente a quanto insegnava, utilizza le immagini per raccontare qualcosa che è successo, puntualizzandone il contesto: dove, come e quando. Le sue fotografie non sono realizzate per cercare il senso estetico della realtà, ma per testimoniare un fatto reale e cercare di cogliere l’attimo decisivo, senza rinunciare alla composizione, a cui riservava una grande attenzione.
La sua produzione fotografica si colloca in quell’ambiente fotografico milanese degli anni ’60 che era poco interessato ad una produzione di un contenuto prevalentemente estetico, ma che si è dedicato alla documentazione della Città in quel momento storico.
Milano in quegli anni stava subendo un’evoluzione verso quello che nei decenni successivi diventerà per l’Italia il simbolo del benessere; nelle fotografie di Magni vengono descritti i segni delle contraddizioni presenti nella Città, dovute alla coabitazione di zone popolari abitate da gente semplice e con scarse possibilità economiche, vicine ma ben distinte dai pochi quartieri in cui vivevano i benestanti che godevano di un tenore di vita esclusivo; di fatto egli ritrae la vita che si svolge per le strade di Milano negli anni ‘60 e ’70 e ne sottolinea le differenze.
Le sue foto che riguardano il tifo calcistico raccontano lo stadio di San Siro (1965), con le gradinate piene di tifosi, di cui sono visibili le differenti estrazioni sociali: ci sono i tifosi con il cappello di paglia mescolati ad altri che si riparano dal sole con berretti fatti col foglio di giornale ripiegato; sugli spalti dello stesso stadio si vedono tifosi che indossano la giacca o il soprabito sartoriale. Aldilà della coesistenza di differenze sociali, generalmente vi si percepisce un tifo improntato ad un’atmosfera gioiosa, senza alcuna preoccupazione per la sicurezza, che permetteva di portare i bambini a S. Siro a vedere la partita di calcio.
Le fotografie che raccontano la festa del Primo Maggio (1973) rappresentano i cortei ed i comizi, ma ci sono numerose fotografie che raccontano il contorno, i personaggi non famosi che aspettano o che assistono al comizio e partecipano al corteo. Tutti sono ben caratterizzati ma senza trascurare la composizione dell’immagine.
Forse le sue fotografie più interessanti sono quelle ambientate nelle strade di Milano; i suoi personaggi sono protagonisti di un’azione in un contesto ben definito, molte sono dedicate a gesti ingenui (il ragazzo che porta 3 bambini sulla Vespa, i due bambini che giocano con la barchetta di carta nella pozzanghera, i due signori in camicia e cravatta che giocano a calcio nel cortile della casa di ringhiera, l’automobile carica all’inverosimile), oggi ci sembrano appartenere ad un’epoca lontanissima e proprio per questo caratterizzano quegli anni. Non raramente nelle sue foto i bambini diventano i protagonisti della vita come si svolgeva e sottolineano il divario con la realtà di oggi.
Nei suoi lavori degli anni ’70, in “Strade diverse”, è descritto il confronto della vita e dei luoghi del “popolare” corso Garibaldi con quelli del “signorile” corso Vittorio Emanuele (1973); a questo progetto segue “Milano amara”, le cui fotografie documentano una città ancora non omogenea e molto diversa dallo stereotipo della ricca capitale industriale d’Italia. Nella serie “Milano bene” rappresenta gli aspetti del benessere esteriore ed ostentato della Milano dei “ricchi”.
Non ho conosciuto personalmente Sergio Magni, ma le sue fotografie mi fanno rivivere una Milano che ho vissuto da ragazzo ed il suo insegnamento mi è stato trasmesso da alcuni dei suoi numerosi allievi.